domenica 22 novembre 2009

Centri, centrini e messia /1

I bersagli non centrano, e i centri degli stessi neppure. Parliamo qui di CTF, ovvero di Centri Tecnici Federali, definizione che nasconde un po’ di tutto nel mondo arcieristico.
C’era una volta, molti e molti anni fa, l’idea che per rendere competitivo un gruppo di sportivi in qualsiasi disciplina occorresse rinchiuderli da qualche parte, vincolarli a regole precise, fornire loro un supporto tecnico adeguato e allenatori preparati, farli allenare con costanza per un lungo periodo e alla fine ottenere in cambio prestazioni sportive di assoluto livello. Era nato il concetto di Centro Tecnico Federale. Se poi lo stesso veniva applicato a sportivi in giovane età, ecco che si trasformava da Centro Tecnico Federale in Scuola Federale, che abbrevieremo in SF, pur rimanendo di fatto la stessa cosa: allenamento intensivo in batteria di atleti proiettabili verso l’alto livello.
Ci sono passati tutti gli sport in tutto il modo, da questi concetti di base, e molti sport in molti paesi sono ancora legati alla semplice concetto di pochi selezionati chiusi in un posto singolo ad allenarsi insieme per ottenere prestazioni di vertice. Ma in molti sport e molti paesi il concetto stesso sì è dimostrato fallimentare, ed in particolare nei paesi occidentali dove lo sport di alto livello nasce in isole indipendenti legate alle Società sportive e non in progetti centralizzati parastatali o/e militari.
E’ chiaro che se il gruppo di sportivi da formare ed allenare esiste solo a livello centrale e lì viene creato, finanziato ed allenato, il concetto di CTF o SF funziona da sempre: non ha alternative perché quello sport solo lì dentro esiste e può esistere in tutta la nazione.
Ben altra situazione si sviluppa quando il CTF/SF viene formato successivamente all’ottenimento di risultati da parte degli atleti che lo dovrebbero popolare.
I presupposto che atleti che già hanno avuto risultati agonistici di alto livello possano essere “migliorati” con la permanenza in un CTF è sottoposto ad innumerevoli limitazioni pratiche dovute alla eterogenea provenienza, tipo di formazione, livello di maturità tecnica e disponibilità di tempo degli atleti stessi.
Un gruppo inserito in un CTF deve, per sua natura, avere la massima omogeneità delle caratteristiche sopra esposte per poter essere allenato e migliorato attivamente come gruppo, mentre questo requisito essenziale non è invece praticamente mai presente.
Se almeno le caratteristiche di disponibilità di tempo e di tipo di formazione degli atleti sono omogenee, il sistema che li dovrà allenare potrà adattare il livello specifico degli allenamenti alla maturità tecnica dei singoli. Ma se queste due caratteristiche non sono omogenee, il sistema dovrebbe in pratica gestire solo un insieme completamente slegato di casi singoli non coordinabili tra di loro, e non potrebbe assolutamente funzionare, salvo forzature immaginifiche.
In presenza di atleti completamente disomogenei tra di loro, il sistema ha due sole possibilità teoriche di reggere: la completa indipendenza dei singoli atleti nella propria gestione, ovvero la cancellazione pratica del sistema di lavoro omogeneo, oppure la costrizione pratica dei partecipanti ad adeguarsi alle regole di lavoro comune, che porta comunque inevitabilmente a stabilire tali regole al minimo comune multiplo, ovvero adeguate al livello più basso presente nel gruppo e a generare l’abbandono da parte degli atleti più evoluti.
L’altra vera alternativa è solo quella di affidare la gestione del gruppo ad un personaggio di livello talmente elevato da essere in grado di farsi ascoltare anche al massimo livello degli atleti presenti.
Ipotesi anche questa praticamente impossibile da perseguire, ma che è invece quella sulla quale cadono tutte le federazioni mondiali di tutti gli sport ove la struttura di vertice non sia solo di derivazione centrale: la ricerca del tecnico “messia” che possa essere “ascoltato” e seguito da tutti gli atleti nazionali di tutti i livelli rendendo così possibile la realizzazione dell’utopia: il CTF che funziona veramente.
Eccoci quindi al tiro con l’arco, Italiano e Mondiale, ed alla incessante ricerca del messia da parte di tutti i paesi che si sono organizzati il loro bel CTF.
L’elenco dei casi pratici raccontabili sarebbe immenso, ma ne prenderemo solo qualcuno a livello internazionale passando anche per le utopie di casa nostra.
Gli Americani hanno il loro CTF a Chula Vista, in California, sede del centro di allenamento Olimpico di tutti gli sport. Sole e caldo tutto l’anno, foresterie, mensa, palestre, campi, supporto medico , in pratica tutto quello che serve allo sport di alto livello.
Fino ad Atene 2004, gli atleti di alto livello del tiro con l’arco avevano il diritto di soggiornare al CTF per la preparazione invernale. Atleti quindi di ogni parte degli USA organizzavano individualmente il loro soggiorno al CTF in funzione delle loro necessità e vincoli specifici. Non c’era un vero e proprio allenatore nazionale là ad attenderli, a ma semplicemente una organizzazione in grado di supportarli nel loro allenamento.
Poi, Atene non dà medaglie, e la federazione USA, spinta dal Comitato Olimpico, assume un messia vero e proprio, il famoso Ki Sik Lee, il tecnico coreano che nei precedenti 6 anni ha allenato l’Australia con un Oro e un Bronzo individuali alle Olimpiadi 2000 e 2004.
Ma se si spendono soldi e tanti per assumere il messia, occorre poi dargli qualcosa da fare. Ecco quindi che l’intero sistema del CTF cambia. Si passa da atleti che soggiornano saltuariamente alla necessità di avere atleti residenti da mettere disposizione al neo allenatore. Vengono richieste le disponibilità, e alcuni degli atleti di medio livello accettano, come pure diversi giovani, ma nessuno dei “senatori “ della squadra. Nasce quindi la necessità di metter in piedi un sistema “misto” che consenta al CTF di funzionare, e comunque agli atleti “storici” di proseguire nella loro attività.
Superfluo dire che gli scontri di competenze e le incomprensioni generali regnano sovrane dal 2005 al 2007, quando la squadra femminile non si qualifica per Pechino. Cadono allora diverse teste di alto livello nella federazione, ma il sistema viene mantenuto, pur ridando spazio agli atleti non residenti nel CTF, che rimangono l’ossatura principale della squadra nazionale. Poi, comunque, gli americani continuano a mantenere per gli eventi principali, mondiali e olimpiadi, dei sani trials secchi pochissimo addomesticati, e le squadre che si confermano in continuazione sono al 90 percento sempre composte dai senatori non residenti. E così è ancora oggi, e sarà fino ai mondiali di Torino 2011. Poi, forse, cercheranno un altro messia, o chiuderanno l’esperimento.

(segue)

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